domenica 17 novembre 2013

Conservazione al servizio della Fruizione (spunti)

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ULTIMA MODIFICA IL 25/02/14


“Conservation is vital - if items are not in a fit condition to be handled then they cannot be used. Your support will help us to treat items and return them to the shelf quickly.” 

Cordelia Rogerson 
Head of Conservation

"Our collections are in constant use. Last year 4 million items alone were called up in our Reading Rooms... we keep our collections fit for purpose and in the best possible condition so that they can be available for everyone’s enjoyment, both now and in the future."




ANTHONY PANIZZI
ITALIAN PATRIOT
PRINCIPAL LIBRARIAN
1856 - 1866

"Quando Panizzi divenne, nel 1831, assistent librarian al British Museum "l‘idea che un museo esiste sopra tutto per la delizia di chi lo custodisce era allora, anche in Inghilterra, un sottinteso comune": meno erano i visitatori più il bibliotecario era contento, a cominciare dal direttore sir Henry Hellis. …
La sua visione delle cose indubbiamente è di stampo illuministico-riformatore e ha radici nel paese d‘origine: proprio a Reggio Emilia i suoi impazienti compaesani, un anno avanti ch‘egli nascesse, non avevano atteso l‘arrivo dei francesi per proclamare la repubblica e, come primo provvedimento di carattere istituzionale, avevano creato la "Libreria nazionale" (1 novembre 1796) ...
Il British Museum, secondo Panizzi, non poteva accontentarsi di restare puramente un luogo di esposizione di cimeli ma doveva diventare un‘istituzione "for the furtherance of educational, for study and research"; se il pubblico sembrava pressoché indifferente a tale prospettiva ciò era dovuto alla mancanza di un vero servizio e della strumentazione necessaria ...
Non era solo un proposito … ma ancora prima un principio di libertà e giustizia da attuarsi in quello "Stato di diritto" già vagheggiato dal carbonaro di Brescello e riaffermato nel pamphlet contro i processi del governo estense. Un principio che suonava rivoluzionario, a metà Ottocento, anche nella liberale Inghilterra; che in Italia solo trent‘anni fa ha trovato posto sulla carta costituzionale e attende ancora di essere tradotto in pratica"

[Luigi Balsamo, 1979]










Quante volte avete sentito dire all'ingresso di una piccola biblioteca antica o di una sala "riservata" di quelle più grandi: "No. I nostri [ i loro?? ] libri non li possono leggere tutti perché si sciupano!" ?
Il primo pensiero che viene a chi riceve questo rifiuto ad accedere non a un libro in evidente precario stato di conservazione ma a una raccolta di "beni culturali", a un'intera biblioteca Pubblica è: "Ma allora a che (a chi) serve questo Servizio Pubblico? e lei che non vuole farmi leggere i libri che ci fa qui? Perché riceve uno stipendio dallo Stato se non offre alcun servizio, anzi lo impedisce???".....

Voglio provare a mettere insieme qualche spunto di riflessione su cosa siano oggi la prevenzione e la conservazione del libro e cosa dovrebbero e potrebbero essere se gli attuali responsabili delle biblioteche si dessero l'obiettivo (come richiede la Legge) di coniugarle con la "valorizzazione" e la "promozione", e quindi, di metterle al servizio della fruizione da parte di un pubblico di lettori il più vasto possibile.
Naturalmente qui l'ottica potrà essere solo quella dell'utente, che non ha accesso al back-office delle biblioteche, non dell'esperto di conservazione o del restauratore (perciò contributi "professionali" sarebbero graditi...). Da questo punto di vista, sembra utile affiancare alla descrizione delle prassi osservabili nelle sale di lettura delle biblioteche quanto si trova descritto nella letteratura specializzata sulla "manipolazione" e sul corretto uso del libro da parte dei lettori.



Partiamo riproponendo un brano di Alfredo Serrai:

"Una Biblioteca, che si caratterizzi come pubblica, è tenuta a soddisfare due obblighi: il primo è quello di mettere a disposizione dell'utenza, con le modalità più larghe e liberali, le raccolte librarie di cui si trova dotata; il secondo è quello di tutelare quello stesso materiale librario in maniera che non soffra danneggiamenti, né per l'uso né per l'azione di fattori comunque nocivi, quali umidità, temperatura, inquinamento chimico, insetti, ecc. ...
Una delle soluzioni - la più comune anche perché la più agevole - è quella di dividere la Biblioteca in due settori spesso rigidamente distinti: ... le notizie sulle edizioni incunabulistiche normalmente neppure compaiono nel catalogo generale per autori. ...".

La principale misura per assicurare la conservazione del libro nelle nostre biblioteche antiche è infatti basata sulla limitazione del numero di lettori. La soluzione è così grossolana, generica e indipendente dallo stato effettivo di "conservazione" del libro che si può dire si basi solo su pregiudizi "sociologici" che non solo sono privi di fondamento tecnico-professionale, ma mettono anche in secondo piano l'applicazione delle regole per una corretta manipolazione.



Prendo ad esempio la BNCF:  Non è scritto da nessuna parte ma dall'organizzazione dei servizi traspare chiaramente che un libro precedente agli ultimi 80 anni circa deve essere consultato il meno possibile, a prescindere dall'effettivo stato di conservazione. Quindi non può essere letto da chiunque. A questo fine non viene distribuito nella Sala Lettura, quella "aperta a tutti", ma solo nelle sale "riservate" dove possono accedere esclusivamente i non meglio definiti "studiosi".
Una simile regola sembra comprendere implicitamente tutte quelle suggerite dalla letteratura specializzata per una corretta manipolazione del libro. E' come se si dicesse, ad esempio, che ogni studioso che entra in sala "riservata" ha sicuramente le mani pulite e inoltre sicuramente, ogni volta, dopo aver letto un libro prima di passare al successivo scende dal primo piano fino al piano interrato per lavarsi le mani. Non posso dire nulla, naturalmente, sullo mani degli "studiosi" quando entrano in Bncf, ma chiunque può verificare che non esiste l'abitudine di passare dai bagni posti al seminterrato della biblioteca prima di salire nelle sale "riservate". Quindi, in qualunque modo i responsabile della Bncf abbiano deciso di comunicare le regole per una corretta conservazione durante la manipolazione del libro, sicuramente queste non sono applicate in pieno (e di questo è consapevole anche la Direzione della biblioteca, che evidentemente preferisce affidarsi alla "selezione" all'ingresso degli utenti).



Anche riguardo le regole per prevenire i rischi della luce solare che, in certi casi, può alterare gli inchiostri non pare ci siano delle efficaci procedure di tutela. Si può facilmente osservare che proprio nelle Sale "riservate" la luce è più intensa per la presenza di ampie vetrate (nella Sala Lettura del piano terra, invece, la luce filtra attraverso un lucernaio e vi sono anche dei piccoli bagni adiacenti alla sala ma qui si danno in lettura, agli utenti "non-studiosi", solo i libri più recenti). Vi sono naturalmente anche delle grandi tende ma gli utenti abituali sanno che non si possono toccare e devono essere manovrate solo dai bibliotecari (anche quando il Sole spunta improvvisamente da dietro una nuvola). Questi d'altronde solo occasionalmente sono presenti in sala e vanno eventualmente chiamati dagli utenti.
La presenza o meno di bibliotecari durante la lettura è forse uno degli indicatori migliori per capire come la biblioteca garantisca l'applicazione delle buone pratiche di manipolazione.



Nel momento della "sorveglianza" poi le regole per prevenire un eccessivo deterioramento (l'utente che segue il testo con il dito sulla pagina) si possono sovrapporre alle regole per prevenire atti di vandalismo (l'utente che prova a strappare una pagina). Anche qui, è facile osservare che solo nella seconda delle tre stanze adiacenti che compongono la Sala Consultazione vi è (anche se non sempre) una persona addetta alla sorveglianza. Stranamente però ha davanti a se un monitor. In sala Manoscritti, invece, sono spesso più di una ma può accadere che non siano in postazioni separate ma accanto, il che permette che, a volte, si distraggano parlando tra loro e distogliendo lo sguardo dai lettori. Se si pensa al brevissimo tempo che occorre per sottolineare un rigo, raschiare una miniatura o per strappare una pagina si capisce quanta attenzione richiederebbe invece una adeguata sorveglianza. La sala Lettura, invece, è da anni totalmente spresidiata e questo è sorprendente perché non è detto che un libro più recente sia in ottimo stato di conservazione e comunque la biblioteca dovrebbe comunque organizzare la prevenzione contro gli atti di vandalismo sul libro.
Ecc., ecc., ecc.



Una prima osservazione di fondo è quindi che, per la conservazione del nostro patrimonio librario, la soluzione della divisione tra sale, soluzione che Serrai ha giustamente descritto come più comune e agevole, così come è attuata sembra confondere o sovrapporre le esigenze della sicurezza, contro furti e danneggiamenti non involontari, a quelle della prevenzione e conservazione durante la normale manipolazione.
Questo in parte si nota anche nella letteratura sulla prevenzione e conservazione. Qui i divieti contro veri e propri atti di vandalismo (non sottolineare i libri, ecc.) e contro i maltrattamenti si affiancano alle regole per limitare al massimo il normale deterioramento (lavarsi spesso le mani, anche per evitare di passare la polvere da un documento all'altro, ecc.) e per una manipolazione non solo corretta ma delicata (toccare il documento il meno possibile; non usare il dito per seguire la lettura del testo, ci sono apposite strisce di carta; volta la pagina con molta attenzione, ecc. ).
[Vedi:  Using Collection,  Raccomandazioni per la Tutela,  Manipolazione dei Materiali Librari,  Prevenire è meglio che curare, Using Gloves, Using Books, Principi dell'’IFLA p. 39 - 42, 6. Prevenzione, p. 113 - 126]
In questo caso però, più che un effetto sostituzione (che arriva all'estremo di impedire la fruizione) delle regole per la prevenzione con quelle originariamente ispirate da esigenze di sicurezza, si rischia forse un affievolimento della capacità di "comunicare" agli utenti come realizzare quell'attenta manipolazione del libro che la renderebbe sostenibile anche a favore di un vasto pubblico. Ma si rischia altresì di far percepire all'attuale, seppur ristretto pubblico delle sale riservate (che non si auto-identifica con un vandalo e quindi trascura tutte le norme relative), di scarsa importanza, semplicemente auspicabili e alla fine facoltativi quegli accorgimenti e quei divieti di azioni che ripetute nel tempo porteranno a veri e propri danneggiamento del libro .




Già da queste prime osservazioni pare opportuno analizzare i vantaggi di un eventuale cambio di prospettiva. Partire direttamente dalle esigenze per una manipolazione accurata e costruire attorno ad esse le migliori condizioni per la lettura del libro. Una volta assicurate queste, provare a riflettere se mantenere la regola di limitare ("selezionandoli" in qualche modo) il numero dei lettori "autorizzati" alla fruizione nelle biblioteche antiche sia ancora una esigenza primaria per la conservazione del libro.
In quest'ottica, sorprende ad esempio che nelle biblioteche antiche, a parte "avvisi" in varie forme (ad esempio in Bncf con salvaschermi e segnalibri), manchino vere attività di formazione dei lettori su una manipolazione attenta dei libri. Si ritiene evidentemente che la selezione "per titoli" del "tipo" di lettore all'ingresso delle sale riservate le renda superflue: ipotesi evidentemente falsa a meno che riguardi esclusivamente chi possa vantare il titolo di restauratore!



Mi riferisco a esemplificazioni pratiche progettate da esperti di "conservazione" o restauro ma tenute (e sponsorizzate?...) non da arcigni sorveglianti che elenchino dei divieti ma da veri e propri "bibliofili" (i librai antiquari?),



in grado di trasmettere anche la storia, la passione (e alla fine il rispetto) verso il documento come oggetto, come manufatto. E davanti a libri rappresentativi dei diversi possibili "fattori di rischio" o punti deboli (legature antiche, carta delicata, inchiostri instabili, difficoltà nello sfogliare o tenere aperta la pagina, formati insoliti, ecc., ecc., ecc.).



Mentre gli atti di vandalismo andrebbero trattati a parte, nei regolamenti interni, accanto a sanzioni significative, da applicare senza eccezioni.




...   ...   Forum Restauro e Conservazione/ Carta/ Manipolazione del libro









"Circa trent‘anni fa, quando iniziai a svolgere un‘attività archeologica amatoriale nella chiesa di San Clemente, scoprii nella chiesa inferiore un pavimento a mosaico che era rimasto nascosto alla vista da epoche remote. Fui ripreso però da uno dei miei confratelli Domenicani che risiedevano da lungo tempo a San Clemente, il quale sosteneva che io non avrei dovuto rendere manifesto il suddetto pavimento, ma lasciarlo com‘era e conservarlo per la posterità. Ma non facciamo parte anche noi della posterità? Fortunatamente quel pavimento, accuratamente transennato, è visibile al giorno d‘oggi alla generazione presente della posterità …
Quattro anni fa giunsi alla Biblioteca Vaticana dopo venticinque anni di insegnamento della paleografia latina, e scoprii molto presto che esistevano alcune limitazioni nel permettere l‘accesso ai manoscritti per gli studenti della Scuola di paleografia, basate sul concetto che la Biblioteca ha il dovere di conservare le sue collezioni per la posterità … Tutto ciò e la mia esperienza come archeologo dilettante, mi hanno portato a riflettere, seppure superficialmente, sul problema della conservazione e sullo slogan, perché probabilmente di tale si tratta, di “conservare per la posterità”. Ora, io penso sia meglio partire dal passato, dato che ciò che s‘intende realmente per "conservare per la posterità" non è "conservare ciò che abbiamo nel presente per la posterità", ma "conservare per la posterità ciò che il presente ha ereditato dal passato" … Ma a nessun livello si può invocare la "conservazione per la posterità" come principio primo o esclusivo, se con questo s‘intende conservare per le future generazioni con esclusioni e limitazioni per quella presente. In relazione al passato tutto è posterità e la generazione presente fa parte della posterità altrettanto quanto quella futura.
Ciò di cui dovremmo realmente prenderci cura è in realtà il passato nel presente, non il passato in vista del futuro … Mantenere un equilibrio tra uso e conservazione non è affatto facile … La conservazione, in effetti, è divenuta un problema così pressante ai nostri giorni che, occasionalmente, si può essere tentati di prestare maggiore attenzione alla conservazione per le future generazioni che all‘accesso liberale o a qualsiasi tipo di accesso ai manoscritti nel presente … Il vero problema con lo slogan "conservare per la posterità" è che una volta che questa "conservazione per la posterità" è ritenuta compiuta, ci si può sentire inclinati a sedersi felicemente: il futuro è assicurato. Questo non è abbastanza. Si deve anche rendere giustizia al presente.
In prospettiva ciò a cui si deve puntare è di conservare per la posterità ciò che abbiamo ereditato dal passato e di cui non è negato l‘uso alla generazione presente della posterità. Questa è una sfida più grande e più responsabile di quella di conservare semplicemente per la posterità. “Conservare per servire sarebbe uno slogan migliore di quello di "conservare per la posterità". Perché esso copre tutte le generazioni dei futuri curatori della salute dei manoscritti e non semplicemente un futuro che è più facile da servire perché sconosciuto" ... ...

[Leonard E. Boyle, 1988]




"In questa prospettiva si è collocato l‘invito del convegno a studiare le possibilità di una migliore valorizzazione dei fondi librari antichi delle biblioteche, quella parte cioè del patrimonio librario troppo spesso considerato 'materiale di valore' da conservare come eredità del passato per la delizia di un gruppo ristretto di studiosi, anziché come documentazione ricca di molteplici testimonianze, ossia beni culturali per tutti secondo la recente definizione. … Questa visione era ben presente a Panizzi …
Il concetto, tutt‘ora valido per le nostre biblioteche e per la tutela pubblica, dev‘essere perciò quello di rendere disponibile all‘uso pubblico i libri diversamente inaccessibili alla maggior parte dei cittadini per ragioni sia di costo che di rarità … il fine resta in ogni caso, attraverso la tutela del libro, quello di garantirne l‟uso da parte del pubblico. ... E lo scopo comune è rendere effettivamente indispensabili e disponibili da parte del pubblico i beni librari esistenti nelle biblioteche di tutti i tipi non escluse, per certi aspetti e entro limiti precisi, anche le raccolte private di eccezionale interesse pubblico: questo il significato primo del termine "valorizzazione" …
La tradizione rinvigorita da Gesner a Leibiniz, dal Naudé a Paciaudi, poi instaurata al British Museum per opera del Panizzi, si affievolì nel continente europeo quando le biblioteche, sopraffatte dall‘ingente quantità di fondi espropriati in varie circostanze, si rinchiusero in se stesse giungendo spesso a finalizzare i loro compiti tecnici al libro – oggetto di valore – mentre il lettore comune a volte venne riguardato con diffidenza o addirittura con fastidio... .. [1981]



Perciò la biblioteca di oggi deve aggiornare tecniche e metodi in questa più ampia visuale per essere in grado di assolvere la sua funzione sociale, che rimane quella di sempre in forme però adeguate alle richieste del nostro tempo, intensificate, più esigenti, ma soprattutto socialmente più estese" [1980] ... ...

[Luigi Balsamo, 1980 - 1981]




CODICE DEI BENI CULTURALI  (2004) Articolo 101. Istituti e luoghi della cultura. … 2. Si intende per: ... “biblioteca”, una struttura permanente che raccoglie e conserva un insieme organizzato di libri, materiali e informazioni, comunque editi o pubblicati su qualunque supporto, e ne assicura la consultazione al fine di promuovere la lettura e lo studio."










"PROPOSTE / Come caotici e polverosi depositi di libri potrebbero trasformarsi in efficienti banche dati

Perché non affidiamo le biblioteche ai privati?
di VALERIO RIVA

Meno Stato e più mercato? ... Sì? E allora ecco qua un'altra proposta, urgente: privatizziamo le biblioteche...
Facciamole guidare una buona volta non più, dal principio della noia, del segreto, dello sperpero, della polvere ma dell'utilità del servizio, della convenienza del cliente, del profitto dell'imprenditore.
Sarà uno choc, al principio. E sia pure. Ma per favore, togliamole di mano più in fretta che possiamo al ministero dei Beni Culturali, alle beghine del Centro nazionale per il Catalogo Unico, alle vedove dell'Associazione Italiana dei Bibliotecari, a tutte quelle patetiche pinzochere, che da vent'anni pestano l'acqua nel mortaio ... Mandiamo le pinzochere a casa. E mettiamo le biblioteche, come si usa in tutto il mondo, in mano agli ingegneri.

Esagerati? Ma no. Fate anche soltanto l'esperimento che ho fatto io, e vi renderete conto. Andate alla Public Library di New York, all'angolo della 42th strada; e subito dopo alla Biblioteca Nazionale di Roma. Voi entrate alla Public Library di New York e nessuno vi ferma, neanche con un dito. Alla Biblioteca Nazionale di Roma dovete riempire una domanda, mostrare un documento, strisciare con la lingua penzoloni davanti a un usciere annoiato che vi scruta da dietro una garitta. Alla Public Library di New York, la prima cosa che dovete fare è andare a un tavolo con cinque monitor, digitare l'oggetto della vostra ricerca - Freud, Italy, Reagan, Petrarca - e venti secondi dopo avete una completa bibliografia scritta. Poi andate a uno sportello e vi fate dare quattro o cinque schedine ... Consegnate le schedine a uno sportello. Vi danno un numerino. Vi sedete su una lunga panca. Davanti a voi c'è un quadro luminoso. Tre o quattro minuti dopo si accende un numero, il vostro numero. Vi alzate, e vi consegnano il libro o i libri che avete chiesto.
Non avete che da leggerli... ...
Cercate di fare la stessa cosa a Roma ... ...

Se protestate vi rispondono che alla Biblioteca nazionale sono stufi di avere il pubblico tra i piedi: e un giorno o l'altro chiudono e finalmente si dedicheranno a quello che è il sublime compito a cui sono state chiamate tutte quelle esimie pinzochere dallo Stato Italiano: redigere il sacrosanto, divino, irripetibile Catalogo Unico Nazionale. Cioè: niente.
Per questo sublime scopo, cioè perché voi non possiate consultare i libri, lo Stato spende da anni decine di miliardi. Il 90 per cento dei quali è sfumato ormai in stipendi...

Eppure Roma ha centinaia di biblioteche ... Una irripetibile fonte di energia culturale. E un grosso affare, per gente che di affari se ne intende.
Basta solo fare quattro conti. A Roma una fotocopia alla Biblioteca nazionale costa 100 lire. Alla Public Library di New York, 500. Per fare una ricerca di livello medio, a New York basta un giorno. A Roma ci vuole un mese. Negli Stati Uniti si può fare una ricerca per posta. In Italia ci si deve trasferire, pagare un albergo o una pensione, mangiare un mese al ristorante. Ecco già il margine utile per un'imprenditore.
Il patrimonio resterebbe allo Stato, all'imprenditore toccherebbe l'utile, ma anche le spese di conservazione e restauro. Lo Stato riscuoterebbe un affitto invece di profondere miliardi a vuoto. Le pinzochere si dedicherebbero ai nipotini. E io e voi potremmo finalmente leggere i libri."

[ da, Corriere  della Sera/13. Corriere Cultura. 21/05/1986 ]










l'opinionista lettore 
DINO SIMONE 
Firenze 
LE BIBLIOTECHE 
E I PRESTITI RACCOMANDATI

IN QUESTE settimane Bray si sta occupando delle biblioteche del Ministero Beni Culturali: alla Nazionale (dopo la pioggia infiltratasi fino ai libri) nel 2014 arriverà un milione di euro per ristrutturare il tetto e la sede. Allora i tempi sono maturi per occuparsi meno delle emergenze e tornare a parlare dei libri e dei loro lettori. Quanti dei fiorentini in grado di indicare il nome di almeno un'opera conservata negli Uffizi possono fare altrettanto per un libro conservato nelle quattro biblioteche antiche della loro città? La risposta (percentuali dello zero virgola qualcosa) deve far riflettere e bisognerebbe cominciare a pensare almeno a cancellare le biblioteche piccolissime e sconosciute per fonderle alle due maggiori, Nazionale e Marucelliana, ottimizzando il costo delle strutture e il lavoro del personale. Le cause profonde di questa separazione dalla città delle nostre biblioteche antiche stanno in un anacronistico modo di intendere le loro funzioni. Quelle statali in realtà non si comportano come biblioteche pubbliche. L’accesso dei lettori al patrimonio librario continua a essere limitato dai vecchi, aboliti, criteri. Per chi non ha avuto l'esperienza diretta di sentirsi chiedere una "lettera di presentazione di un professore" (una raccomandazione!) basta andare sulle loro pagine internet per sorprendersi nello scoprire che quegli "Istituti culturali" si comportano ancora come biblioteche riservate ai docenti delle università: come prima del loro passaggio al Ministero voluto da Spadolini non solo per "conservare" ma soprattutto per "promuovere", "valorizzare" far apprezzare i nostri beni culturali.
Allora, passata l'emergenza, la prima cosa da fare è abolire quelle regole preistoriche che impediscono ai fiorentini di conoscere i libri lì conservati. Poi occorre mettere mano alla "valorizzazione", ossia creare le condizioni che effettivamente rendano possibile la "fruizione" di quei tanti libri ancora oggi vietati e tenuti nascosti. Le biblioteche, quando sono fatte per i cittadini, devono essere aperte la sera e il sabato pomeriggio. 

[ LA  NAZIONE   SABATO 7 DICEMBRE 2013. Pag. 16 ]








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2 commenti:

euston ha detto...

Caro Dino,
scrivo a proposito dell'articolo di Riva sulla Public Library di NY. Lui confronta la BN (o cos'altro?) di Roma con quella, e dice che la nostra è pubblica (e non funziona) mentre sottintende che quella è privata (e funziona).
Ora io sono certa che l'ordine di grandezza delle due non è comparabile: la Public Library di NY è certamente una biblioteca comunale, e la BN di Roma è certamente statale. Poi dubito fortemente che una biblioteca comunale (ancorché americana) sia gestita da privati, infatti il Riva su questo non è affatto chiaro. Insomma riesce a scrivere un articoletto di maldicenze non documentate.
Ciao POLA

Mara ha detto...

Dare le biblioteche in mano ad imprenditori ed ingegneri? Pensare che il servizio di reference si esplichi con una semplice consegna del libro e che la qualità del servizio sia garantita dalla breve attesa grazie al numeretto che si trova al supermercato? Io davvero sono sconcertata... Magari invece puntare sull'assunzione di personale specializzato e magari, anche, sulla digitalizzazione del patrimonio librario, che garantirebbe l'accesso a tutti, non solo agli studiosi, e allo stesso tempo gaeantirebbe la conservazione dei documenti valorizzandoli? No meglio gli ingegneri e il numeretto del prosciutto. Da bibliotecaria rabbrividisco davanti a tanta ignoranza. Mara